La libera scelta di stare in silenzio è il primo passo per porsi in ascolto, è la pre-condizione della MEDITAZIONE.

È un’estensione del fare: fare rumore, fare qualcosa, fare parola.

Una libera scelta è quella scelta priva di un fine prestabilito; il silenzio di cui stiamo parlando non è un tacere in vista di ottenere qualcosa, né un silenzio ricattatorio come fine della comunicazione, ma è un atteggiamento che non è mai definitivo, ma si mantiene e si regola attimo dopo attimo consapevolmente.

Il “QUI e ORA” di cui spesso si parla, che evoca la possibilità di una diversa presenza e di un diverso ascolto di sé, nella pratica parte da quel momento in cui scegliamo di smettere di sovrapporre rumore al rumore, nella speranza di cancellare quel disturbo di fondo che ci insegue sempre.

È questo il momento in cui decidiamo che possiamo rimanere col rumore dei nostri pensieri, ed è allora, solo allora, che possiamo finalmente lasciare emergere in noi il silenzio.

Ora il silenzio è un rumore che dilegua, che non è necessariamente un’assenza di per sé, ma qualcosa che comprende anche il rumore e ne partecipa armonizzandosi ad esso, come avviene nella pausa silenziosa della musica, nella punteggiatura, nel dialogo.

È lo spazio vuoto, la sospensione, ciò che determina principalmente il ritmo vitale, come lo definisce Platone: “…il ritmo è l’ordine dell’universo”, un ordine che comprende anche il vuoto, l’assenza, il silenzio.

Quel RITMO è il movimento che andiamo a cogliere e a produrre nella pratica, che parte sempre dall’ascolto del ritmo respiratorio nella sua costante dinamica; è la pulsazione interna del nostro battito alla quale adattiamo le nostre emozioni e allineiamo i nostri pensieri.

Ma il silenzio è anche il limite del dire, il limite del dicibile, del nominabile. È la porta per accedere all’abisso insondabile del Mistero dell’esistenza che emerge come da un mare invisibile, come la traccia di quello che era e la possibilità di quello che sarà.

Ci mettiamo seduti immobili senza parlare, ed ora mentre meditiamo si crea in noi uno spazio armonioso che possiamo occupare senza timore, in una quiete dinamica che ci pacifica e ci rinnova.

Adesso il silenzio non è più solo la condizione vuota di un’assenza, ma si trasforma nella pre-condizione di una presenza, presenza fatta di ascolto e di attenzione, che non separa selettivamente ma accoglie, che integra senza escludere ciò che sentiamo ci sta attraversando.

Quel rumore che dilegua, quel distinguere per riconoscere, e comprendere l’indistinto che sa qualcosa di ogni sua parte distintamente, lo possiamo chiamare MEDITAZIONE.

Allora meditare è sostare sulla soglia del silenzio, attraversando il limite, dove il limite diviene SOGLIA DI COSCIENZA da attraversare, per andare oltre.


dott. Carlo Robustelli