La nostra VISIONE DEL MONDO è sostanzialmente un modo di “vedere” la realtà, ma è soprattutto un modo di “guardarla”, uno schema reattivo rispetto a ciò che andremo a percepire, che cerca di controllare nell’esperienza il suo aspetto imponderabile.

Anche nell’approccio al corpo dal punto di vista dell’esperienza dello yoga, la fisiologia ha sempre a che fare con una cosmologia: la cosmologia è una visione organica, un ordine che di volta in volta appare all’interno della dimensione percettiva.

Non parliamo in questo contesto di una visione a-priori, che condizionerebbe irrimediabilmente il nostro vissuto, ma della possibilità di sperimentare nella pratica, “l’accorgersi” come fenomeno intuitivo e personale.

E’ necessario anzitutto constatare se è davvero possibile uscire dal nostro “schema percettivo ordinario”, da quella visione pre-confezionata, che applichiamo costantemente alla realtà. Quindi quella che chiamiamo in questo contesto cosmologia, è piuttosto un COSMOVISIONE, che nasce da un sapere appreso non ontologicamente, dall’esterno, dai libri, da una visione altrui, ma dalla nostra esperienza diretta onticamente, come sentire e presa di coscienza, sperimentati in prima persona.

È una sorta di INTUIZIONE EIDETICA, quell’intuizione che scorge qualcosa nel presente, uno spazio che rende finalmente abitabile il qui e ora.

È una CONOSCENZA CHIARA E DISTINTA, ma intuitiva, che rinnova quello che osserva “… di istante presente in istante presente” (Yogasutra di Patanjali).

Non abbiamo a che fare con un’idea che sorregge un sistema, con un postulato della nostra struttura logica: qui parliamo della possibilità di una “conoscenza istantanea”, che annulla ogni concetto e misurazione, irripetibile e irriproducibile nella stessa modalità in cui l’abbiamo compresa.

Parliamo della condizione in cui accediamo ad una conoscenza autentica, unica, irripetibile, che passa attraverso l’ascolto di noi stessi e ci permette di ascoltare il mondo.

La dimensione percettiva riattivata ci permette di aprirci ad una diversa coscienza della vita, dove la distanza e la vicinanza appartengono al nostro sentire, non sono oggettive e impersonali: la misura delle cose la scopriamo dentro di noi, in relazione a ciò che sta fuori.

A livello fisiologico entriamo in una FISIOVISIONE in cui la corporeità non è più una metafora meccanica, ma visione poietica-creativa, che pulsa ad ogni istante nella sua vitalità.

Così scopriamo che il “come siamo”, si apre e interroga simultaneamente il “chi siamo”. La nostra destinazione determina la direzione e il senso del viaggio, distinguendo in questo caso la destinazione dalla meta, perché qualcosa della prima lo scorgiamo già nel cammino.


dott. Carlo Robustelli