Il passaggio dalla personalità alla creaturalità

Se osserviamo bene, in questa tutela della PERSONA, riemerge anche il valore fondamentale dell’essere umano, come essere sostanzialmente non solo capace, ma costituito dalle relazioni.

E allora un punto di vista diverso di osservazione potrebbe essere quello di integrare il formalismo giuridico con una visione qualitativa della relazione;

ma questo ritorno dell’aspetto qualitativo altro non è – a pensarci bene – che un modo diverso di percepire la relazione.

Personalmente ritengo illuminante in questo contesto l’originaria intuizione yogica, che il mondo è filtrato sempre dalla nostra dimensione sensibile e che da questa dipende quella che chiamiamo qualità del vissuto.

Da questo momento chiamerò REALISMO PERCETTIVO questo nuovo modo di conoscere a partire dalla nostra realtà fisico-corporea. Questa è essenzialmente la visione filosofica dello yoga, ma considerando questa come una pratica filosofica in cui deduciamo dall’aspetto esperienziale personale la nostra conoscenza, lontani da applicazioni teoriche che forzano e condizionano a priori l’esperienza. Del resto è proprio questa la difficoltà quando parliamo a qualcuno di un’esperienza che non ha ancora fatto: che linguaggio dobbiamo usare?

Il linguaggio metaforico è quello preferito dalla cultura orientale, ma alla nostra cultura forse si adatta meglio, ed è più preciso, il LINGUAGGIO SIMBOLICO, che unisce immagine e concetto.

Risvegliare la coscienza a partire dalla dimensione sensibile corporea, per accorgerci della realtà invisibile.

È bene ricordare che in quanto modalità d’essere, il corpo stesso è anche il risultato di una visione, ma questa non è più una rappresentazione: si trasforma e si adegua alla realtà qualitativamente percepita.

Il cammino della ricerca ad un certo punto coglie il RELIGIOSO, quando il percepire si affaccia al MISTERO.

E questo riconoscimento del Mistero come FONDO DELL’ESSERE, ci apre ed al contempo concilia con l’Alterità.

Questo distinguersi senza separarsi dall’Alterità, nella nostra tradizione cristiana ha preso il nome di CREATURALITÀ.

Come amava ripetere San Francesco d’Assisi, ogni essere vivente è CREATURA, anche il sasso e il lichene, anche se la sua evoluzione ai nostri occhi lo rende qualitativamente insignificante: nessuna creatura è insignificante. Questo è il sottile inganno che emerge dalla visione giuridica moderna del concetto di persona: essa viene attribuita o non, in base a criteri umani, per somiglianza o differenza, spesso privilegiando l’aspetto utilitaristico funzionale.

La creaturalità di ogni essere vivente consiste semplicemente nella sua UNICITÀ e IRRIPETIBILITÀ di creatura.

Proprio il contrario di quello che sono gli oggetti artificiali prodotti dall’uomo, UGUALI e RIPETIBILI.

Non sarebbe fuori luogo, a questo proposito, andarsi a rivedere il concetto marxiano di Alienazione, come quel momento in cui l’uomo nel processo produttivo dell’era della tecnica, non riconosce più nell’oggetto prodotto la traccia di sé stesso, tipica del manufatto, ed in questo modo perde un pezzo importante della sua umanità.

Una riflessione sulla tecnica dovrebbe ripartire da qui, dal fatto che personalità ed umanità sono inscindibili e ciò significa rivedere la nostra visione del mondo, per non ridurre la nostra esistenza a semplice FUNZIONE VITALE di produzione e di consumo.


dott. Carlo Robustelli